La nascita e la prima stagione di ricerche
Il Museo Civico di Piadena fu fondato il 3 maggio del 1957 e venne chiamato "Antiquarium Platina" in onore di Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, celebre umanista piadenese.Fu proprio l’entusiasmo nato sulla scorta delle scoperte archeologiche avvenute alla fine degli anni Cinquanta del XX secolo nel territorio di Piadena e Calvatone (vedi sezione sul territorio) a determinare la decisione di fondare un museo archeologico a Piadena.
Non si voleva che si ripetessero le vicende della fine dell’800 quando degli importanti rinvenimenti archeologici di quegli anni nulla, o quasi, rimase a disposizione degli abitanti del territorio e tutti i reperti finirono nei musei di Milano e Roma e solo parzialmente a Cremona. I materiali degli scavi promossi dal Soprintendente Mario Mirabella Roberti a Calvatone costituirono il nucleo fondamentale della nuova istituzione.
Dopo alcuni anni di gestazione il museo comunale "Antiquarium Platina" è inaugurato il 20 ottobre del 1960. Esso nasceva già in quella che rimase la sua sede fino al febbraio del 2014, cioè una parte del piano superiore del Municipio, composta dal corridoio che si trova a fianco della sala consiliare e da quella che sarà per anni la sala romana dedicata a Bedriacum. Nel corridoio vennero sistemate quattro vetrine per il materiale preistorico, mentre nella Sala Romana erano esposti i materiali celtici e romani. A questi nel 1964 si aggiunsero quelli della Collezione Locatelli, donata dalla figlia del noto archeologo, e comprendenti i materiali della necropoli di Bronzo Finale di Fontanella di Casalromano (MN). La sala romana conteneva allora ben 10 vetrine, a cui si aggiungevano due vetrine a parete, una vetrina bassa con lo scheletro eneolitico trovato negli scavi di Bedriacum, e alcuni materiali murati sulla vetrina di fondo:il mosaico del Labirinto e un elemento scultoreo raffigurante una sfinge. Il museo e la ripresa degli scavi preistorici Intorno al museo si consolidava il Gruppo di Ricerca, a cui si doveva parte dei rinvenimenti effettuati nel territorio, composto da alcuni personaggi che per decenni saranno i protagonisti locali della ricerca archeologica: il Conservatore e Ispettore Onorario Costantino Gamba, l'Ispettore Onorario Romeo Pasquali, lo scultore Giuseppe Mastrocchio, il signor Taraschi detto il Moro, Cesare Rebizzi, il geometra Renzo Galli, Paolo Nicola. Nonostante queste buone premesse il museo visse un momento di crisi proprio nella seconda metà degli anni ’60: il Comune per motivi di spazio trasferì le quattro vetrine del materiale preistorico in una delle stanze laterali della Sede storica e il corridoio centrale fu occupato dalla Biblioteca Comunale. Questa situazione di stallo venne superata quando nel 1971 al Conservatore Costantino Gamba, che abitava a Milano, venne affiancata la professoressa Amarilli Corghi, che iniziò a curare una riorganizzazione delle raccolte, dotando il Museo, attraverso un finanziamento pubblico, di una nuova tipologia di vetrine più funzionale. Dopo qualche anno sarà proprio la Corghi a subentrare nel posto di Conservatore onorario. Questa nuova attenzione verso il Museo da parte del Comune anticipò di poco la ripresa della ricerca preistorica nel territorio del Vho da parte dei professori Bernardo Bagolini e Paolo Biagi. Nel 1975, per le necessità legate alle ricerche a Campo Ceresole, il Museo si dotò di un magazzino dove depositare i materiali da conservare e da non esporre. Il 17 febbraio del 1976 il Consiglio Comunale di Piadena approvava un nuovo statuto del Museo, scritto per regolare meglio il suo funzionamento. Nel frattempo il gruppo di ricerca del museo si era ingrandito, comprendendo, tra gli altri, la professoressa Liliana Bonseri, gli architetti Danzio Soragni, Claudio Bernardi e il professor Gianluigi Pederzani (che curarono alcune mostre fotografiche), il segretario Comunale Oscar Feroldi e Pino Sbernardori. In quegli anni vi furono novità anche sul fronte del personale quando la bibliotecaria Assunta Fellini venne anche incaricata come dipendente comunale dell'apertura al pubblico del Museo. Le ricerche degli anni ’80 e ‘90 e l’assetto definitivo della Sede storica Gli anni ’80 videro il moltiplicarsi delle ricerche archeologiche nel territorio grazie all’intervento di vari ispettori della Soprintendenza archeologica della Lombardia, Lynn Pitcher per l’età romana, Andrea Breda e Giampietro Brogiolo per il Medioevo, Laura Simone per la Preistoria. Quest’ultima collaborò spesso con Santo Tinè dell’Università di Genova e con lo I.A.S., l’Istituto d'Archeologia Sperimentale. In questi anni vennero scavati l’abitato medievale di Piadena al Dosso Castello, i Lagazzi del Vho e Campo Fitti. Il Museo continuava a crescere e così, con contributi sia del Comune sia della Regione, si allestirono, con nuove vetrine, le altre due sale che tutt’oggi formano la Sede storica del Museo e si riacquisì il corridoio centrale. Negli anni ’80 il Museo raggiunse quindi le dimensioni e la struttura che ebbe fino al 2014, rendendo via via sempre più complesso introdurre materiali nuovi. Nel 1987 l’Università degli Studi di Milano iniziò il suo impegno pluridecennale a Calvatone che continua ancora adesso. Allora gli scavi erano diretti dalla professoressa Gemma Sena Chiesa. In occasione del Convegno Internazionale sulla Postumia, tenuto a Cremona nel 1996, il Museo di Piadena inaugurò il nuovo allestimento della Sala Romana di Bedriacum, curato dagli studenti dell'Università degli Studi di Milano. Negli anni ’90 il Museo, in accordo con la Soprintendenza, avviò un programma di restauro dei materiali e di divulgazione didattica: nel 1996 venne realizzata la ristampa della Guida del Museo, pubblicata nel 1988 e curata dagli archeologi Laura Simone e Santo Tinè, la realizzazione di alcuni gadget e due audiovisivi a scopo didattico. Dal 1994 al 1999 il Museo ha collaborato con Patrizia Frontini, Conservatore delle Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche del Comune di Milano, negli scavi del Campo Castellaro di Vho di Piadena. Alla fine degli anni ’90, il Museo avviava anche una serie di campagne di catalogazione informatizzata delle collezioni e nel 2000 si dotava di un primo sito WEB. Il nuovo millennio porta grandi cambiamenti Negli anni diveniva però sempre più pressante la necessità di dotare il Museo di personale scientifico per procedere a una riorganizzazione delle collezioni e del percorso museale, soprattutto in linea con i nuovi indirizzi regionali e ministeriali. A questo proposito il 2001 fu un anno denso di grandi cambiamenti: il Museo in pochi mesi si dotava di un archeologo professionista con incarico di Conservatore, nella figura di Marco Baioni, e nel frattempo veniva definito il ruolo della nuova bibliotecaria Beatrice Dondi come riferimento amministrativo del Museo e Responsabile dei Servizi Educativi. Con questo nuovo assetto, il Museo avviò un profondo rinnovamento dei suoi servizi rivolti al pubblico, con particolare attenzione all’educazione al patrimonio. Si operò una sistemazione e razionalizzazione del percorso museale e una riqualificazione dei Servizi Educativi. Nel 2004 il Museo si dotò di un’ampia sala didattica polifuzionale, con finanziamenti provinciali e Leader+, per lo svolgimento di incontri di approfondimento e laboratori per le scuole, nonché mostre a tema. La sala, ricavata nell’ambiente voltato del seminterrato del convento e posta accanto ai depositi, è caratterizzata da arredamento con colori caldi e vivaci, dotata di un grande cassone per la simulazione dello scavo archeologico, di vari tavoli per le attività pratiche e di pannelli descrittivi. Le offerte educative sono state riprogettate e rafforzate in modo da venire incontro alle varie esigenze riscontrate. Nel frattempo il Museo fu uno degli enti promotori della Rete dei Musei Archeologici delle Province di Brescia, Cremona e Mantova, detta Ma-net, con cui organizzò varie iniziative, delle quali si può citare la mostra sui commerci in Lombardia nell’antichità, intitolata Archeotrade e inaugurata a Piadena nel 2008. Successivamente il Museo ha intrapreso un programma di rinnovamento delle sale espositive per fornire al visitatore un ambiente più idoneo e funzionale. In questa ottica sono stati sostituiti tutti i pannelli della Sezione Preistorica ed è stato effettuato il rinnovamento dell’impianto di illuminazione. L’ampliamento e il nuovo riallestimento La più grande trasformazione del Museo doveva però prendere forma nel 2011, quando iniziò un processo piuttosto lungo che portò ad ampliare la Sede storica attraverso il recupero di un edificio della fine del XIX secolo prospiciente la centrale piazza Garibaldi e il suo collegamento coll’edificio del comune. L’operazione è avvenuta grazie al contributo della Fondazione Miryam e Pierluigi Vacchelli e si è potuto finanziare un primo lotto di riallestimento (La sezione Preistorica) nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 (Misura 3.2 “Conoscenza diffusa dell’identità locale”, Azione 1 “Valorizzazione della rete dei musei e della didattica ambientale” - 321 PSR), con fondi dell’Unione Europea, Regione Lombardia, Provincia di Cremona, Comune di Piadena, GAL Oglio Po e Fondazione Miryam e Pierluigi Vacchelli. L’edificio presentava un unico corpo di fabbrica a tre piani fuori terra: il piano terra è stato adibito a zona ingresso, nei piani primo e secondo sono allestite le sale espositive. Il collegamento verticale tra i piani del museo è assicurato da un vano scala e da un ascensore, mentre quello con la vecchia sede espositiva avviene mediante una scala esterna. Nell’ambito di questo riallestimento si sono sistemate con nuove vetrine, pannelli, impianto illuminotecnico, postazioni tattili e postazioni informatici le sale dedicate al Paleolitico, al Neolitico, all’età del Rame e all’età del Bronzo, nonché una sala di raccordo sulla storia degli studi. Nel 2015 è stato portato a termine un nuovo intervento per riallestire le due salette, che costituiscono la Sezione Protostorica, cioè quella dedicata alla situazione presente nel Cremonese Orientale dalle ultime fasi dell’età del Bronzo (XII sec. a.C.) all’epoca della romanizzazione (II sec. a.C.).
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